Il calcio preistorico di Garcia e le scelte folli di De Laurentiis: il Napoli è un cantiere aperto

Un’ecatombe sportiva. Bastava osservare il volto dei napoletani all’uscita dal Maradona per capire il disastro che verte nella squadra della città. Quel Napoli così ricco di pathos, funzionale come un’orchestra perfetta, a tratti bello, spesso spumeggiante si è ormai inabissato e molto probabilmente non tornerà più in superficie. Vittima di una gestione tecnica e societaria altamente provinciale, scartato pure dai suoi tifosi, che fino a pochi mesi fa riempivano lo stadio di cori e striscioni, ora invece sfogano le loro frustrazioni nei confronti di presidente, allenatore e giocatori.

Perché le premesse estive si sono confermate: Rudi Garcia, si sapeva, non sarebbe potuto arrivare a mangiare il panettone. A dirla tutta non festeggerà neanche il ponte dell’Immacolata del prossimo 8 dicembre, ma ha avuto comunque il “privilegio” di meritarsi una statuetta nel presepe dei napoletani, con tanto di valigia nera tra le mani, pronto a viaggiare lontano da una città che non l’ha mai appoggiato in queste poche settimane. Non perché il povero Rudi sia un pessimo allenatore, ai tempi della Roma dimostrò di possedere le sue qualità, quanto piuttosto perché portatore di un calcio preistorico che in una squadra come il Napoli non poteva funzionare.

La gestione di Osimhen a Bologna è stata la punta di un iceberg che aveva già graffiato la nave partenopea. Alla lista degli scontenti si sono aggiunti pure Kvara e Politano, pupillo di Spalletti, suo attaccante ai tempi dell’Inter. Ed è logico: quando una parte dello spogliatoio si ribella, diventa impossibile gestire il resto se i risultati non arrivano e ogni partita è giocata peggio delle altre. Contro l’Empoli infatti gli uomini di Garcia sono apparsi fuori condizione, distratti in difesa e imprecisi in attacco, quasi in preda ad una frenesia che ha agevolato il gioco di Andreazzoli, nonostante le splendide parate di Berisha. E così al fischio finale, sotto la pioggia battente, è volato di tutto.

A mente fredda però è doveroso ammettere il fallimento di De Laurentiis. Che Garcia non fosse un fenomeno di allenatore tutti lo sapevano, compreso lui stesso, che esonerandolo con 36 giorni di ritardo per mancanza di alternative ha dimostrato a tutti di aver compiuto un errore da matita rossa lo scorso luglio. Adesso sbarcherà Tudor in città, lottatore che fa della grinta la sua arma di forza e che in Italia ha già fatto vedere di valere qualcosa. Non c’è più un campionato da difendere visto il ritmo di Inter e Juve, ma un quarto posto da conquistare. Un po’ lo stesso obiettivo che ha avuto Garcia, visto che non ha mai parlato di scudetto o di continuità facendo infuriare i tifosi del Napoli. L’esonero del tecnico francese dunque è sacrosanto, così come deve essere sacrosanto riconoscere i fallimenti di un De Laurentiis che ha portato la sua squadra dalle stelle alle stalle. E adesso, mentre Napoli è un cantiere aperto, scende in campo la Nazionale Italiana, allenata da quel Luciano Spalletti che anticipatamente aveva capito tutto.

matt.salv99

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