Tradimenti e vecchi rancori: l’esonero di Allegri è il più difficile da raccontare

Le storie di tradimenti sono le più semplici da raccontare: c’è il traditore (colui che ordisce l’inganno) e il tradito (colui che lo subisce), niente di più facile. Per descrivere invece l’epilogo spiacevole e inaspettato dell’esonero di Allegri serve un tocco più elevato di poetica, perché i fatti sono chiari e nello stesso tempo oscuri. Che cosa può aver portato un uomo come Max ad inveire contro tutti e a rendersi protagonista di una mattanza ridicola e vergognosa davanti a tutta Italia? E soprattutto, se quell’istinto bestiale di collera era rivolto verso l’arbitro, che cosa ci incastra il povero direttore di TuttoSport Guido Vaciago al quale per fortuna oggi sono arrivate le scuse? Ultimo dubbio, ammesso e non concesso che già da settimane l’umore in casa Juve non fosse stato dei migliori, perché Allegri non è stato allontanato prima?

Tre interrogativi che traducono perfettamente la difficoltà nel raccontare in modo corretto questo esonero. Il tecnico livornese ha ricevuto la notizia nel pomeriggio dal club, dopo la riunione presso la Continassa con l’Head of Football bianconero, Cristiano Giuntoli: l’esonero – si legge nel comunicato – fa seguito a taluni comportamenti tenuti durante e dopo la finale di Coppa Italia che la società ha ritenuto non compatibili con i valori della Juventus e con il comportamento che deve tenere chi le rappresenta. Così Allegri, il quale aveva rifiutato pure il Real Madrid per tornare a Torino, diventa il terzo allenatore esonerato dalla Juventus a stagione in corso negli ultimi 50 anni, dopo Claudio Ranieri (2008/09) e Ciro Ferrara (2009/10). Il tutto con l’aggravante di aver realizzato una caduta di stile profonda, nei confronti dei tifosi, degli arbitri (sempre osannati) e della società per la quale lavorava.

Un’uscita di scena inaspettata, frutto di tradimenti e vecchi rancori. Come quello nei confronti di Giuntoli, mai accettato dal tecnico livornese e colpevole secondo lui di aver tramato alle sue spalle, rinnovandogli la fiducia davanti alle telecamere e prendendo segretamente contatti con i papabili successori, su tutti De Zerbi e Thiago Motta. E se quest’ultimo sembra essere ad oggi il prescelto, Allegri (probabilmente anche la squadra) sapevano tutto: tenere il gruppo compatto rimaneva dunque difficile anche per uno della sua esperienza, con i risultati che non arrivavano e il gioco che latitava.

La storia si è chiusa così e ha assunto le sembianze di un mare di ombre, forse più chiare con il passare del tempo. L’era degli scudetti precedenti è ormai tramontata, quel mondo e quello stile Juve dall’addio di Agnelli non esistono più, sono tramontati per sempre: Allegri se ne era già accorto ma il suo errore più grande è stato proprio il ritorno in bianconero, l’ardente desiderio di ripetere ciò che aveva realizzato anni addietro. Impossibile al mondo d’oggi, occorre guardare avanti e innovarsi, aspetto quest’ultimo che manca a Max da ormai troppo tempo. Perché il calcio non è un gioco semplice come sostiene lui, bensì un giocattolo complesso che deve essere gestito anche caratterialmente. Ed è proprio qui che è caduto l’uomo Allegri, meritandosi un esonero tra i più complessi da raccontare.

Matteo Salvetti

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