Cambia il risultato, non la prestazione. E a pensarci bene, dopo la figuraccia rimediata contro la Norvegia, non poteva essere altrimenti, un po’ per il valore dell’avversario, che se non ci fosse stato il Var sarebbe passato pure in vantaggio, ma soprattutto perché era impossibile peggiorare la prestazione di venerdì sera. Così il 2-0 rifilato alla Moldavia è soltanto un fuoco di paglia che chiude il cerchio Spalletti e alimenta i problemi di un’Italia spenta, disunita, a tratti sconcertante di fronte all’indifferenza del Mapei.
I gol di Raspadori nel primo tempo e di Cambiaso nella ripresa hanno provato ad accendere la scintilla, ma la sensazione è che ormai quasi tutti abbiano staccato la spina e ciò è un male per l’intera nazione, perché la maglia azzurra rappresenta comunque la seconda pelle degli italiani, è un onore indossarla ed è il sogno che custodisce nel cuore ogni bambino. Purtroppo questo attaccamento non si è visto in campo: Bastoni ha sbagliato il tempo dell’intervento su Nicolaescu ma per sua fortuna era in fuorigioco, Dimarco è andato vicino a causare un rigore, il capocannoniere dell’ultima Serie A Retegui si è perso nel mezzo della retroguardia moldava e persino Donnarumma non è sembrato sicuro tra i pali.
Una penuria offensiva e difensiva che alla fine ha portato all’addio di Luciano Spalletti, il primo allenatore esonerato che siede ugualmente in panchina. Certo, il percorso del certaldino è stato tutt’altro che limpido, ma quando una nave affonda non è soltanto colpa del capitano e allora, purtroppo, per un Luciano che va c’è sempre un Gravina che resta immobile al suo posto nonostante i danni compiuti, pronto a scommettere su un nuovo ct, si spera Ranieri, che si ritroverà di fronte un’Italia con gli stessi problemi, nella speranza, questa volta che certi rancori vengano trasformati in sorrisi. Non abbiamo forse un problema?